Storia
Primi tempi
Le prime tracce di vita risalgono quasi alla preistoria. A Castaneda sono stati trovati dei resti di abitazioni, metalli, ceramiche e addirittura dei solchi lasciati da un aratro databili al 2500 a.C. circa. Questi ritrovamenti lasciano ipotizzare che anche Santa Maria conoscesse, vista la sua vicinanza con Castaneda, un insediamento abitativo già alla fine del neolitico (età del bronzo).
A Santa Maria sono state messe alla luce a più riprese gruppi di tombe e un insediamento abitativo risalenti all’età del ferro, databili dal VI al III secolo a.C. Una notevole quantità di fibule, orecchini, anelli, ornamenti in ambra e in vetro e vasellame facenti parte del corredo funebre confermano l’appartenenza di quelle popolazioni alla cultura di Golasecca; orientate quindi verso sud (regione dei laghi, pianura del Pò), ma con frequenti contatti commerciali con i Celti del Nord delle Alpi. Questi primi abitanti facevano parte del popolo dei Leponti occupanti il territorio che dalla regione dei laghi sale lungo l’attuale Ticino fino alle Alpi includendo il Moesano. La ricchezza di taluni corredi funebri e la presenza di oggetti di lontana ed illustre provenienza ( di fabbricazione etrusca o celtica) hanno portato a supporre che gli abitanti dell’area di Golasecca -insediati ai piedi dei valichi alpini- avessero in qualche forma fruito dell’intenso traffico attraverso le alpi, sia offrendo i propri servigi come guide sia in qualità di commercianti.
Hanno pure attirato l’attenzione certi incavi tondeggianti, visibili su massi o rocce, chiamati coppelle. A Santa Maria se ne possono ammirare una mezza dozzina ( Scalader, monda de camin, segnauc). I massi cupellari risalgono al neolitico, all’età del bronzo e del ferro. Non si è ancora certi del significato di queste sculture, ma generalmente si crede abbiano avuto un significato religioso e venivano utilizzate per sacrifici cruenti o come recipienti per le offerte votive alla divinità.
Medioevo
Santa Maria fu per tutto il medioevo il centro ecclesiastico e politico dell’intera Calanca; basti pensare che tutta la popolazione della valle era costretta a recarsi in Santa Maria per assistere alle funzioni divine. Anche i morti dovevano essere condotti a Santa Maria per ricevere la sepoltura. Inoltre gli amministratori e i giudici della valle avevano l’obbligo di risiedere in Santa Maria e solo qui si poteva tenere giudizio.
La storia politica medievale di Mesolcina e Calanca fu tutta sotto il segno dei signori De Sacco che governarono le due valli per oltre tre secoli, stabilendo con la loro politica estera dei forti legami sia con le terre oltre San Bernardino ( stato delle Tre Leghe) sia con il ducato di Milano. Santa Maria si trovava nelle mani dei De Sacco sin dal 1291, pur continuando a rappresentare un comune indipendente; furono quest’ultimi i committenti dei lavori per la costruzione della torre ai primissimi del XIV secolo.
Nel 1480 la valle passò nelle mani dei Trivulzio di Milano e nel 1496, per mettere fine alle pressioni svizzere da una parte e milanesi dall’altra (che rappresentavano un pericolo per l’autonomia della valle perché entrambi interessati al controllo del San Bernardino) tutti i comuni della Mesolcina e della Calanca entrarono a far parte della Lega Grigia, diventando parte integrante dello stato delle Tre Leghe. Questa data segna la definitiva appartenenza del Moesano al Grigioni.
Solo nel 1549 La Mesolcina e la Calanca riscattarono tutti i loro diritti dai Trivulzio diventando di fatto completamente libere da vincoli feudali.
Queste vicende spiegano perché pur appartenendo all’area linguistica italiana, Mesolcina e Calanca, non fanno parte del Ticino.
Epoca romana
Mesolcina e Calanca furono verosimilmente occupate dai Romani nel corso della campagna di Ottaviano Augusto nella Rezia (15 a.C.). I romani non vennero soltanto da conquistatori, ma furono allo stesso tempo portatori di una lingua e di un modo di vita e di una cultura che caratterizza tutt’oggi il sud delle alpi grigionese.
A Santa Maria sono state rinvenute delle tombe a inumazione con delimitazioni in pietra e con corredo funebre appartenenti ad una necropoli romana risalente al II- III secolo d.C. Si ipotizza che furono i Romani che per primi utilizzarono lo sperone roccioso dove oggi troneggia la torre medievale a scopo difensivo (molto probabilmente nel quinto secolo, quando i Germani calarono nel nord delle alpi e i romani fecero costruire nelle valli alpine e nelle prealpi, torri di guardia e fortificazioni.)
Ma l’importanza e il prestigio di Santa Maria iniziò con l’avvento del cristianesimo a partire probabilmente dalla fine del IV secolo d.C.
La chiesa di Santa Maria, dedicata a Santa Maria Assunta, fu costruita molto probabilmente prima dell’anno mille e dal nome della chiesa la località ricevette la sua denominazione attuale mentre per quasi tutto il medioevo fu utilizzato il toponimo di Villa.
Tempi moderni
Il 500 e il 600 segnarono il periodo di maturazione democratica del Moesano che culminò con l’emanazione degli statuti che restarono in vigore fin verso il 1836.
Per Santa Maria l’epoca moderna significò soprattutto l’affievolirsi del suo potere politico e religioso. Gradualmente perse la sua influenza sulla Calanca interna che formò un circolo indipendente con capoluogo Arvigo nel 1796. Santa Maria rimase capoluogo della Calanca esterna (S:Maria, Castaneda, Buseno, Cauco) fino alla metà dell’ottocento quando tutta la Calanca fu riunita in un unico Circolo con capoluogo Arvigo.
Dal punto di vista parrocchiale si assistette allo stesso fenomeno: sull’esempio di Santa Domenica che si staccò dalla chiesa matrice di Santa Maria nel 1548 formando una propria parrocchia; tutti gli altri comuni della valle si separarono da Santa Maria tra il 1611 e il 1767 con la sola eccezione di Castaneda.
Un altro problema col quale il paese dovette ben presto convivere fu quello dell’emigrazione. Una prima grande ondata di emigranti la si osserva già nel XVI secolo. Interessante è il caso dei venditori di resina Calanchini emigrati in Austria e in Germania e documentati nel 1548. Si conosce un`altra grande ondata migratoria nel XIX secolo e fino alla prima guerra mondiale in direzione di Francia, Belgio e Olanda dove i Calanchini cercavano lavoro soprattutto come vetrai ed imbianchini. Infine nella seconda metà dell’ottocento molti partirono alla volta delle Americhe dove trovavano impiego in lavori durissimi come vaccai, boscaioli o manovali.
Tutt’oggi il più grosso problema per Santa Maria è quello dello spopolamento, anche se negli ultimi anni si è riscontrata una situazione di stallo e addirittura si può parlare di una lieve ripresa demografica. Resta di fatto che dal 1941 ad oggi la popolazione di Santa Maria si è praticamente dimezzata (calo vicino al 50%).
Per evidenziare come nel corso degli anni il calo demografico di Santa Maria sia stato drammatico basta ricordare tre dati storici: il primo è il numero di abitanti registrato nel 1643, quando il comune comprendeva ben quattro frazioni oggi completamente disabitate e contava più di 300 abitanti; il secondo è il dato riportato qui sopra del 1941 quando il comune contava 206 abitanti; l’ultimo riflette la situazione attuale con il numero di abitanti del 2002 che corrisponde a 111 unità.
Per il futuro si è comunque ottimisti soprattutto perché si sta timidamente delineando uno spostamento dai centri urbani alla tranquillità dei piccoli villaggi. Non va dimenticato che Santa Maria dista solamente una ventina di minuti in automobile da Bellinzona, il che non rappresenta quindi un problema di eccessiva distanza.
Chiesa
La chiesa di Santa Maria si erge su di un terrazzo pronunciato nella parte più orientale del paese; assieme al convento dei padri cappuccini (ospizio), alla torre medievale, all’ossario (1750 ca.) e al tiglio secolare rappresenta il centro storico e artistico del comune.
Il santuario è dedicato a Santa Maria Assunta in cielo ed è la chiesa madre di Calanca. È documentato a partire dal 1219 anche se per le sue parti più antiche risale al periodo romanico (molto probabilmente anteriore all’anno mille).
Il coro venne ricostruito nel 1385 o nel 1416; il santuario fu ampliato e restaurato con l’aggiunta di stucchi barocchi ed affreschi nel 1606, quando la navata fu ampliata fino ad acquistare le attuali dimensioni.
Prima di salire la scalinata che conduce al santuario, l’occhio è affascinato dalla grandiosità delle linee che la natura e l’architettura formano in un complesso così pittoresco.
Architettura
Il complesso è formato da una costruzione longitudinale con coro quadrato e sagrestia posteriore formante una sorta di coro minore. Di fianco al coro si eleva il campanile medievale in stile gotico con tetto barocco a piramide. Il portico all’entrata in stile toscano è della seconda metà del XVII secolo, mentre il portale in marmo bianco porta sculture di Giovanni Andriolo da San Vittore, rappresentanti la sibilla persica e il profeta Isaia; in alto è incisa la data 1606.
Interno
Ciò che colpisce immediatamente il visitatore all’interno è il soffitto ligneo a cassettoni riccamente dipinti, con rosette plastiche, (1606), che ricopre tutta la navata lunga 27 metri e larga 9, e che come tale è unico in tutta la Svizzera, una vera meraviglia artistica.
Il coro è sovrastato da una volta a crociera decorata con stucchi policromi e medaglioni dipinti nel 1628 da Alessandro Gorla di Bellinzona con l’incoronazione della vergine e con gli angeli cantanti le glorie di Maria. Nelle lunette della volta (sempre del Gorla) si osserva un interessante trittico con l’Assunta, il sogno di Giuseppe e la fuga in Egitto. Sulla parete frontale dietro l’altare maggiore, troviamo una rappresentazione rarissima: gli angeli al suono di musica svegliano la Madonna dal sepolcro per invitarla a salire in cielo, un angelo reca le seguenti parole: veni sponsa mea!
Frammenti di affreschi tardo gotici della fine del XV secolo, attribuibili ad artisti della scuola di Seregno (Brianza), sono visibili accanto al pulpito e sulla parete sud; si tratta di rappresentazioni dell’ultima cena e dell’assunzione.
Altari e pulpito
L’altare maggiore fu eretto nel 1724 ( l’antico altare di Ivo Strigel, 1512, si trova ora al museo di Basilea) è sormontato da un tempietto nel quale è contenuta una statua della vergine, abbigliata da regina nel costume della corte di Spagna, come si riscontra ancora in numerosi santuari (ad esempio quello di Einsiedeln). Gli altari laterali sono sotto baldacchini ad arcate decorati con stucchi e affreschi del 1646; l’altare di sinistra dedicato alla Santa Croce dà un bel saggio di arte popolare del XVIII secolo stile rococò con crocifisso della metà del settecento. L’altare a destra, dedicato al rosario, porta un tempietto tripartito del 1665, con statue della Madonna e dei Santi Rocco e Sebastiano, della bottega dello Strigel di Memmingen (Germania), 1512, contornate dai misteri del rosario.
Lungo la navata vi sono 4 altari di cui il più antico di legno dorato in barocco è dedicato a S. Lazzaro risuscitato, opera di Georg Wilhelm 1644,reca la provenienza da Messhirch (Germania).
Degno di rilievo è il pulpito in verde dorato del 1650 con 4 angeli trombettieri ed emblemi dei cappuccini.
Tele
Le tre grandi tele di 2,40x2,70m di Wilhelm Gräsner di Costanza raffigurano rispettivamente: la battaglia di Lepanto, 1649; la peste a Santa Maria, 1651 ed il perdono di Assisi, 1643.
Il quadro di San Michele risale alla seconda metà del XVII secolo ed è ispirato ad un’opera di Raffaello. Da segnalare infine sulla parete della loggia che contiene la fonte battesimale con copertura lignea, un affresco del 1686, rappresentante il battesimo di Gesu nel Giordano, del De Julianis di Roveredo.
ConclusioneIn questo monumento d’arte, quale lo è la chiesa di Santa Maria, riscontriamo tutti gli stili (dal gotico al classicismo al barocco) e chi vi entra per la prima volta resta incantato, quasi incredulo per la prosperità d’arte qui disseminata in un santuario di un piccolo villaggio alpino. Questa opulenza è l’eredità lasciataci da un passato nel quale Santa Maria ha conosciuto potenza, prestigio e ricchezza.
Torre
Sulla collina sovrastante la chiesa si erge la torre medievale, circondata da rovine di muri di una più antica fortezza; la rocca è stata infatti edificata ed abitata in due fasi distinte.
Una fortezza più antica occupava un tempo la sommità dell’altura rocciosa. Sul posto si notano ancora i pochi ruderi di un muro di cinta e di un edificio interno a pianta trapezoidale che serviva da abitazione. Gli scavi compiuti all’interno delle rovine dell’edificio summenzionato hanno portato alla luce numerosi frammenti di intonaco con tracce di affreschi appartenenti a diverse pitture eseguite tra il XIII e il XIV secolo. Oltre ai resti di intonaco, furono ritrovati pure dei frantumi di piastrelle di una stufa risalente alla metà del XII secolo. Al giorno d’oggi è purtroppo impossibile avere un’idea chiara dell’aspetto dell’antico castello dal momento che all’interno dello stesso venne costruito attorno al 1300 l’imponente torrione conservatosi in ottimo stato fino ad oggi. È molto probabile che per edificare la torre siano state abbattute vaste parti dell’antico castello e che altre ancora siano state impiegate come materiale da costruzione dalla gente del paese.
Il possente torrione medievale si erge nel punto più alto dello sperone roccioso: all’esterno ha la forma di un pentagono stretto e appuntito mentre all’interno è quadrato; presenta quattro piani ed è alto circa 18 metri; vi si accede da un apertura sopraelevata a circa 2 metri dal suolo e una scalinata interna nello spessore delle mura conduce fino alla sommità che un tempo era sormontata da merli e dalla quale si ha una splendida vista sulla Mesolcina e sui monti circostanti.
La torre sta in comunicazione diretta a vista con quelle di Boggian presso Roveredo e di Norantola presso Cama, ciò che sottolinea la sua importanza strategica. Il piano inferiore, attualmente accessibile attraverso una breccia, ospitava un tempo la cisterna ( le riserve di acqua potabile per gli abitanti della torre). I locali abitati, che si trovano al secondo e al terzo piano, hanno soffitti abbelliti da volte a crociera e delle panche in pietra sono disposte lungo le pareti. In entrambi i locali è presente un camino con cappa conica che serviva per il riscaldamento e per cucinare; da notare che entrambi i locali hanno i loro servizi igienici (gabinetto).
Dal punto di vista architettonico la costruzione rappresenta una rarità, poiché non riscontra nessun parallelo nei grigioni. È costruita infatti in stile Donjon, tipico della Francia centro settentrionale. Rimane un mistero il modo in cui gli influssi architettonici francesi siano potuti giungere fino in Val Calanca. I committenti furono i De Sacco, signori di Mesolcina. Stando a un documento del 1316 i fratelli Martino ed Enrico De Sacco detenevano il potere feudale in Val Calanca ed è a loro che si può attribuire la costruzione della torre attorno al 1300.